A) Informazioni sulla zona geografica
1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
1.1 Ambito territoriale
La zona geografica delimitata dall’articolo 3 ricomprende la fascia collinare settentrionale della provincia di Gorizia situata tra i fiumi Isonzo a est, Judrio a ovest e il confine di Stato a nord. Tutto ciò è posto a ridosso del confine di stato con la Repubblica di Slovenia e la pianura isontina a sud. Complessivamente sono circa 1.500 ettari di vigneto in coltura specializzata.
Il territorio si articola in una sequenza di colline che si sviluppano quasi ininterrottamente lungo la direttrice est ovest, dando corpo ad ampie superfici felicemente esposte al sole e ideali per praticare una viticoltura di gran pregio.
La viticoltura nel Collio viene praticata esclusivamente su terreni collinari. Questi hanno un’altitudine che mediamente varia da 60 a 270 metri sul livello del mare.
La pendenza delle colline è variabile. Essa mediamente si aggira tra il 15 e il 30% con ben un quarto del territorio che si posiziona nella fascia 8 – 15% e un quinto dello stesso nella fascia 2 – 8%.
Grazie alle razionali tecniche di sistemazione idraulico-agraria introdotte negli ultimi decenni, che hanno consentito di ricavare in molti casi aree con pendenze che facilitano una buona meccanizzazione delle principali operazioni colturali, la viticoltura specializzata nel Collio ha trovato sempre più radicamento e consenso.
L’esposizione generale dei vigneti è a sud con talune superfici orientate anche a sud-est e a sud-est.
1.2 Ambito pedologico
Pedologicamente i terreni del Collio sono di natura flyschoide . Dal punto di vista litologico si possono distinguere quattro facies: una prevalentemente marnosa, una prevalentemente arenacea, una mista tra le due citate e una conglomeratica. L’origine delle rocce è di natura eocenica e paleocenica; queste sono state portate in superficie dal sollevamento dei fondali marini. Di ciò sono testimonianza i frequenti ritrovamenti nei vigneti di fossili marini.
Nella maggior parte del territorio le componenti marnose e arenacee tendono ad equivalersi dando luogo a un terreno di natura flyschoide del quale la viticoltura si giova notevolmente.
Trattasi di formazioni rocciose che si disgregano facilmente per effetto degli agenti atmosferici, dando origine ad elementi grossolani che si evolvono in un terreno inizialmente granuloso e poi nel breve volgere di alcuni anni in un terreno molto minuto, ideale per una buona viticoltura.
Mediamente il franco di coltivazione per l’approfondimento radicale si aggira intorno ai 50 – 100 cm dallo strato lithico, raggiungendo in alcuni casi anche i 150 cm. Solitamente i suoli sono ben drenati e ciò facilita le lavorazioni colturali, soprattutto, consente alla vite di esprimersi al meglio sotto l’aspetto qualitativo.
1.3 Ambito climatico
La cerchia delle Prealpi Giulie, posta a nord della zona collinare costituisce un efficace riparo dai venti freddi di settentrione. Questa cerchia, unitamente alla prossimità della costa adriatica che dista mediamente una ventina di chilometri, contribuisce a mitigare le escursioni termiche favorendo così l’instaurarsi di un microclima mite e temperato del quale la viticoltura si avvantaggia particolarmente. A ciò concorre altresì il fenomeno della riflessione dei raggi solari sul vicino mare che determina un effetto di aumento dell’insolazione.
Il clima del Collio si caratterizza per la presenza di estati calde ma non afose e di inverni freddi e discretamente piovosi. Le temperature medie estive sono di 21,5 – 22,5°C e le medie invernali di circa 4°C. Le precipitazioni medie annue sono intorno a 1350-1400 mm, con un massimo principale in ottobre-novembre e uno secondario in giugno, mentre il minimo principale avviene in febbraio e quello secondario a luglio. I dati delle stazioni di rilevamento meteorologico indicano che nell’anno medio oltre il 50% del totale annuo delle precipitazioni cade nel periodo compreso fra il 1° aprile e il 30 settembre, cioè durante il periodo vegetativo della vite.
La radiazione solare rilevata nel periodo che va dal 1991 al 2002 ha indicato che l’insolazione media annua nelle zone meglio esposte di collina si è attestata intorno ai 5600 MJ/mq. Per contro nelle circostanti aree di pianura detti valori si sono aggirati intorno ai 4800 MJ/mq.
2. Fattori umani rilevanti per il legame
2.1 L’uomo e la vite nel passato
L’ottenimento di vini di qualità è indubbiamente legato oltre che ai fattori ambientali (clima e terreno) anche ai fattori umani (aspetti tecnico-produttivi e imprenditoriali). Questi rappresentano l’altra metà del successo per il conseguimento di qualsiasi prodotto di qualità, e il saperli giustamente combinare con l’ambiente pedo-climatico porta all’ottenimento di prodotti d’eccellenza come lo sono quelli vinicoli del Collio.
Nell’immaginario collettivo la parola Collio è sinonimo di ottimo vino bianco.
Erodiano, storico greco di età imperiale romana, nel 238 d.C. citava delle viti maritate agli alberi di melo, pero e fico, ma anche ricordava che i vasi vinari di questo territorio vennero utilizzati, una volta legati assieme, per formare un ponte sull’Isonzo per il passaggio dell’imperatore Massimino il Trace. Questo episodio sta a confermare che a quell’epoca la produzione di vino in queste contrade dovesse essere ben cospicua. Altre citazioni sulla coltivazione della vite si possono cogliere in documenti relativi al periodo dei Goti, dei Longobardi e del patriarcato aquileiese, dove il vino veniva riscosso quale tributo.
In antichi documenti notarili del XIV e XV secolo vengono citate donazioni e compravendite di vigne. Ma è nel 1600 che iniziano a comparire i nomi del vino prodotto nel Collio. Tra questi si cita la Ribolla e il Cividino tra i bianchi e, nei secoli successivi, il Refosco ed il Corvino tra i rossi.
Dalla metà del 1700 fino a tutto il 1800 la Società Agraria Teresiana ha svolto un’opera attiva e proficua per lo sviluppo della viticoltura del Collio. Ciò è dovuto in particolare all’illustre figura di Giacomo Fabricio. A questi va riconosciuto il merito di aver perfezionato e diffuso un sistema di coltivazione della vite a terrazzamenti detti “roncs”, tecnica tutt’ora seguita anche se su dimensioni più ampie di allora, che vede la collocazione di un filare di viti, talvolta due, per ogni terrazza, in quanto a quei tempi gli appezzamenti erano di modeste dimensioni causa il notevole frazionamento della proprietà.
La moderna viticoltura nasce in Collio nella seconda metà del 1800 ad opera del conte Teodoro Latour al quale si deve l’introduzione di pregiate varietà di uve da vino francesi e tedesche in sostituzione di varietà locali di minor interesse. Prevalgono sempre i vitigni a bacca bianca tanto che la cronaca dei primi anni del 1900 riporta che circa il 90% del vino del Collio era bianco e il resto rosso.
Alla fine della seconda guerra mondiale il Collio si trovò separato da un confine tra la Repubblica italiana e la Repubblica Federativa Jugoslava, dando origine a un Collio italiano e al Brda nella parte slovena. E così un territorio unito da sempre per storia, cultura e tradizioni, dove si parlava nella parte italiana friulano, sloveno, e tedesco, dividendosi, non solo ha preso diverse vie evolutive ma ha infranto l’unità di molte aziende agricole, separando e collocando fabbricati e terreni rispettivamente in due Stati diversi con grave nocumento nella conduzione economica delle aziende stesse.
2.2 Regole produttive della vitivinicoltura di oggi
La pietra miliare che sancisce lo status di area viticola d’eccellenza del Collio è rappresentata dal DPR 24 maggio 1968 con il quale veniva riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata sulla base di un severo disciplinare di produzione delle uve e dei relativi vini.
In questo disciplinare si dettano gli aspetti tecnico-produttivi necessari per la produzione dei vini di qualità del Collio; disposizioni che sono un mix tra consolidata tradizione e visione di modernità della viticoltura e dell’enologia. Tra questi ricordiamo:
• Base ampelografica dei vigneti. I vitigni che concorrono alla produzione dei vini della denominazione sono indicati all’articolo 2 del disciplinare. Per la maggior parte di essi trattasi di vitigni a bacca bianca in quanto nel corso di svariati decenni hanno dimostrato di sapersi esprimere al meglio su queste colline. Minori come numero, ma non certo come espressione di qualità, sono i vitigni a bacca rossa. Tutti i vitigni fanno parte della categoria “consigliata” così come riportati nel Regolamento di cui al Decreto del Presidente della regione 09 settembre 2003, n. 0321/Pres.
• Norme per la viticoltura. Sono norme che mirano sia all’individuazione ed esclusione dei terreni che meno si prestano alla viticoltura di qualità, sia che prescrivono i sistemi d’impianto e forme di allevamento da utilizzare per l’ottenimento di uve e vini di qualità. E poiché l’obiettivo del disciplinare di produzione è appunto quello del perseguimento della qualità, lo stesso documento dispone che i nuovi vigneti devono avere una densità minima di 4000 ceppi ettaro. Inoltre, a carattere generale, prevede anche che la resa di uva non sia superiore alle 11 ton./ettaro ad eccezione del vitigno “Picolit” la cui produzione non deve essere superiore alle 4 ton./ettaro. In ogni caso, dette rese devono assicurare un titolo alcolometrico volmico naturale minimo di 10,50% per tutti i vini eccetto che per il “Picolit” per il quale detto limite è fissato al 13%.
Per il raggiungimento dei suddetti obiettivi la conduzione dei vigneti, anche attraverso un sistema di assistenza tecnica organizzato dal Consorzio di tutela, è volta ad assicurare la razionale disposizione degli stessi sul territorio, la facilitazione delle operazioni colturali, la gestione della parte vegetativa e quant’altro necessario (anche una parziale vendemmia verde) all’ottenimento delle produzioni di qualità.
La resa massima dell’uva in vino finito non deve essere in nessun caso superiore al 70% ad eccezione del “Picolit” la cui resa non può superare il 60%.
E sempre per restare in tema di qualità, il disciplinare vieta ogni pratica di forzatura della produzione. Non rientra sotto tale aspetto l’irrigazione di soccorso che è consentita nelle annate particolarmente
siccitose.
• Norme per la vinificazione. Le pratiche di elaborazione dei vini sono quelle tradizionali e tali da consentire per le tipologie “bianco” l’ottenimento di vini, fruttati, fini, gradevoli, armonici e che rispecchiano le caratteristiche varietali dalle quali traggono origine.
Il previsto invecchiamento dei vini contempla che le tipologie di colore “rosso” possano fregiarsi della menzione “riserva”, purché sottoposte ad un passaggio in botti di legno per almeno sei mesi a fronte di un periodo complessivo di invecchiamento di almeno 30 mesi. Per i vini bianchi, invece, che detta menzione sia acquisibile dopo un periodo di 20 mesi. Il passaggio in legno non è obbligatorio. In tutti i casi i vini tipologia “riserva” non devono aver subito operazioni di arricchimento.
Le operazioni di vinificazione ed eventuale invecchiamento obbligatorio per le tipologie “riserva” devono essere effettuate all’interno della zona delimitata, salvo deroghe legate a situazioni tradizionali che prevedono l’effettuazione di tali operazioni anche nella parte restante del territorio comunale parzialmente delimitato. Sono altresì concesse deroghe dal Ministero delle politiche agricole e forestali per specifiche e particolari situazioni.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
La DOC Collio annovera diciannove tipologie di vini di cui tredici bianchi e sei rossi. Tutte le tipologie di vino possono essere accompagnate dalla menzione riserva se opportunamente invecchiate.
I vini del Collio dal punto di vista analitico e organolettico presentano caratteristiche peculiari attribuibili per la maggior parte al territorio, inteso questo come ambiente pedoclimatico, e per la parte restante al fattore umano.
All’articolo 6 del disciplinare di produzione ciascuna tipologia di vino è descritta sotto l’aspetto analitico e organolettico, e comunque in modo tale da permettere una sua chiara individuazione che è frutto di un legame di tipicità con l’ambiente geografico. In detto articolo non sono riportati i valori analitici relativi a zuccheri, acidità volatile e anidride solforosa richiesti dall’articolo 26 del Reg. CE 607/2009, ad eccezione che per il vino “Picolit” relativamente però alla sola acidità volatile massima. Detti valori normalmente non vengono indicati nel disciplinare di produzione in quanto sono e devono essere inferiori o superiori ai limiti imposti dalla normativa comunitaria.
Per quanto concerne l’acidità totale, i valori in ogni vino sono superiori a quelli previsti dal Reg. CE 479/2008 All. IV e cioè maggiori a 3,5 g/l.
Relativamente all’acidità volatile, i valori in ogni vino sono inferiori a quelli previsti dal Reg. CE 606/2008 All. I C, e cioè minori a 18 milliequivalenti per litro per i vini bianchi e a 20 milliequivalenti per litro per i vini rossi. Una deroga particolare è riservata alla tipologia “Picolit” – vino amabile o dolce perché derivante da una sovra maturazione delle uve – per la quale è previsto un valore massimo di 30 milliequivalenti per litro.
In merito all’anidride solforosa i valori in ogni vino sono inferiori a quelli previsti dal Reg. CE 606/2009 All. I B e cioè minori a 150 mg/l per i vini rossi e 200 mg/l per i vini bianchi.
In ordine agli zuccheri totali il riferimento normativo è il Reg. CE 607/2009, All. XIV parte B. Si 12
sottolinea che tutti i vini del Collio rientrano come tipologia nella voce: “sapore asciutto”, e quindi con un contenuto di zucchero residuo non superiore a 4 g/l, salvo la deroga prevista in relazione al tenore di acidità totale. Fa eccezione la tipologia di vino “Picolit” che essendo “amabile o dolce” può avere un residuo zuccherino maggiore a 12 g./l nella tipologia amabile, salvo la deroga prevista in relazione al tenore di acidità totale e a 45 g/l nella tipologia dolce.
Il territorio del Collio conferisce ai vini bianchi un tenue colore paglierino, talvolta con vivaci riflessi verdognoli e, tal’altra, con riflessi dorati più o meno intensi. I profumi sono netti ed intensi di fruttato, la sensazione al palato è di gradevole morbidezza e talvolta il gusto è sostenuto da un lieve sentore di mandorla. Sensazioni tipiche del vitigno dal quale si originano. La loro produzione avviene dopo una cernita delle uve che sono sottoposte a pigiatura soffice e a fermentazione a temperatura controllata in assenza delle bucce, appunto per mantenere ed esaltare i profumi tipici conferiti dal vitigno. Qualora i vini siano destinati a prolungata maturazione prima dell’immissione al consumo, la vinificazione prevede un contatto con le bucce. Ne conseguono vini con riflessi dorati carichi più intensi e di corpo più strutturati.
I vini rossi del Collio al colore si caratterizzano per un marcato rosso rubino brillante, al profumo per la netta personalità da cui spicca sovente un gradevole e finissimo erbaceo e al sapore per la rotonda corposità derivante da un tenore di acidità normale conferita da uve ben mature e da una fermentazione a contatto delle bucce che si prolunga per una settimana. Nel caso si vogliano ottenere vini da invecchiamento viene operata un’attenta scelta delle uve e il tempo di fermentazione sulle vinacce viene prolungato ancora di alcuni giorni. In tal caso i vini più invecchiati evidenziano sentori fenolici più o meno complessi connessi alla natura e tempo di permanenza nelle botti di legno.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
Diversi studi condotti negli ultimi decenni testimoniano che in questo territorio sono presenti e ben evidenti significative omogeneità fisiche, antropiche e storico-culturali che contribuiscono a caratterizzare il rapporto vino-territorio. Omogeneità che interagendo tra di loro rendono il Collio un’entità di valore indiscusso nel panorama vitivinicolo nazionale.
• Omogeneità fisiche
Tra le omogeneità fisiche indubbiamente il clima, l’esposizione e il terreno giocano un ruolo significativo.
Il clima è il risultato dell’azione combinata di svariati fattori legati alla latitudine che incide sul quantum della radiazione solare e sulla temperatura. Legata invece all’orografia è la presenza di brezze di origine termica sia di monte che di valle; queste sono conseguenti alle condizioni di tempo stabile che stazionano sul Collio mediamente per circa 200 giorni all’anno. Trattasi dei cosiddetti anticicloni dinamici. Le brezze favoriscono i drenaggi notturni di aria più fresca che scivola dalle pendici e si accumula nei fondovalle e, nel periodo estivo, il rimescolamento della massa d’aria che riduce le condizioni di afa.
Altro ruolo importante che incide sul clima è la presenza non lontana della grande massa idrica dell’Alto Adriatico, che concorre a mitigare la temperatura smorzandone gli estremi (temperature medie più elevate in inverno e più basse in estate).
I fattori orografici (giacitura, pendenza, esposizione) giocando sull’intensità della radiazione solare, sulla temperatura, sulle precipitazioni e sugli effetti del vento contribuiscono a determinare temperature invernali che nell’ultimo secolo non sono mai scese alla temperatura critica della vite che è di – 15/ -18 °C. Statisticamente nella zona del Collio un inverno freddo (-10/ -12°C) si presenta in media ogni 28 anni. Quanto alle gelate primaverili il rischio risulta anch’esso statisticamente basso. Infatti, nell’ultimo cinquantennio l’evento si è verificato solamente tre volte rispettivamente nei mesi di aprile degli anni 1969, 1985 e 1997).
Altra omogeneità fisica è rappresentata dal terreno. Questa caratteristica è frutto di una scelta oculata dei viticoltori interessati alla denominazione che oltre quaranta anni fa, nel delimitare la zona di produzione hanno voluto ricomprendere nel disciplinare solamente le aree collinari; aree che per loro natura presentano la medesima matrice litologica: flysch marnoso-arenaceo o marnoso, con orizzonte superficiale bruno o bruno giallastro a tessitura franca o franco argillosa con scheletro calcareo.
Evidentemente i fattori sopra ricordati costituiscono quel quid, quel qualcosa in più che concorre a caratterizzare le particolari qualità del vino del Collio, e la particolare tipologia del terreno conferisce allo stesso un’espressione fenotipica diversa per aromi e gusti particolari ai vini rispetto ad altre situazioni vitivinicole regionali. A ciò si unisce il regime delle precipitazioni e l’andamento climatico stagionale, che limita quantitativamente la produzione di uva/ettaro e ne esalta la qualità.
• Omogeneità antropica.
La presenza continua dell’uomo vitivinicolo sul Collio è datata di qualche millennio. Le produzioni agricole che fino alla seconda guerra mondiale hanno reso famoso il territorio sono state la viticoltura, la coltivazione delle ciliegie e delle prugne. Rilevante pure, nel recente passato, l’allevamento bovino da latte.
Il progressivo mutarsi della struttura delle aziende agricole con il conseguente calo della manodopera disponibile, espulsa per varie ragioni dal mondo agricolo o attratta in altri settori produttivi, hanno portato alla scomparsa pressoché totale della coltura del ciliegio anche perché più difficilmente meccanizzabile. Pertanto, il sistema produttivo rurale ha trovato consolidamento, notorietà e lustro nel comparto vitivinicolo grazie all’alta vocazione del territorio per la coltura della vite. E in tale contesto ha preso corpo e sostanza il concetto di “cultura tecnologico-produttiva”, che vede radicata e stratificata una cultura enologica diffusa, con relative tecniche di produzione, che costituisce un unico sinergico sia generazionale sia tra le diverse figure imprenditoriali del settore.
• Omogeneità storico-colturale
La storia vitivinicola del Collio, come accade per la maggior parte dei territori dove l’uomo si è strettamente legato con l’ambiente rendendo agricolo ciò che era suscettibile di tale destinazione, ha origini lontane. Ciò è attestato da numerosi documenti che dall’epoca romana fino ai giorni nostri ne descrivono le tappe evolutive di una viticoltura che denota un’evidente connessione tra fattori umani, ambiente, storia e tradizioni. E di un tanto si è fatto sinteticamente riferimento in altra parte del presente documento.
Va detto che la storia vitivinicola del Collio è legata alla storia dello Stato al quale il territorio è appartenuto nel corso dei secoli. Infatti, il Collio non è solamente quello che si può descrivere attualmente ma è anche quello che esisteva precedentemente al secondo conflitto mondiale dove storia, cultura e tradizioni rispecchiavano una tollerante multi etnicità delle popolazioni figlie del disciolto Impero austro-ungarico, esempio di tranquilla e civile coesistenza. Ed è sotto questo Impero che la viticoltura del Collio ha vissuto un momento storico che ne ha rafforzato l’identità. Si tratta del IV Congresso Enologico Austriaco tenutosi a Gorizia dal 16 al 20 settembre 1891 e promosso dai viticoltori del Collio. Al Congresso parteciparono i più illustri rappresentanti del mondo vitivinicolo dell’Impero. L’argomento scottante era la sopravvivenza della viticoltura del Centro Europa per fronteggiare i gravi problemi creatisi con le infestazioni delle crittogame e della fillossera. In quell’occasione si decise che la ricostruzione della viticoltura doveva intraprendere la strada che portava all’innesto su piede americano delle rinomate varietà di viti europee e non già di perseguire la facile soluzione che indicava negli ibridi la via d’uscita.
A partire da quel momento storico la viticoltura del Collio ha trovato nuovo impulso, affinando e unendo le tradizionali tecniche di coltivazione della vite con i dettami e le indicazioni della moderna tecnologia figlia del progresso scientifico. Da ciò i rinomati vini del Collio descritti all’articolo 6 del disciplinare.
Pertanto, le considerazioni sopra esposte, evidenziando una sussistenza di omogeneità fisiche, storico- culturali ed economiche, portano motivatamente alla conclusione che il Collio è un territorio ad alta vocazione vitivinicola e che i suoi vini sono l’espressione compiuta e diretta del territorio.