CHE BELLO IL NOSTRO LAVORO
Agire in modo sostenibile e responsabile oggi è essenziale...
Agire in modo sostenibile e responsabile oggi è essenziale, necessario, imprescindibile, almeno se si vuole garantire alle generazioni future la stabilità di un qualche ecosistema. Infatti, come definito dal Rapporto Brundtland del 1987 “in generale si auspica l’equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere alle generazioni future di sopperire alle proprie”.
È esattamente quello che è successo nel Collio, quando i più grandi hanno deciso che questo sarebbe stato un territorio completamente devoto alla produzione di vino. Per questo la definizione di sostenibilità sembra passare imprescindibilmente per questa terra, che più di tante altre è il risultato e l’espressione massima dei suoi abitanti e di quello che loro hanno voluto che fosse.
Diversi gli Stati che nel corso della storia hanno tentato di controllare questa zona tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia, così come troppe le guerre che a più riprese l’hanno assediato o le burocrazie che l’hanno stancato; ma il Collio, in fondo, è rimasto complice e fedele proprio ai suoi abitanti, a chi non ha cercato una via per reprimerlo, ma solo modi differenti per esprimerlo. Il passaggio in cantina da una generazione all’altra non è mai stato semplice, ma non è nemmeno mai stato imposto, anzi; i figli sono cresciuti respirando un amore libero per il mondo del vino e la loro scelta di continuare il mestiere è stata proprio il risultato di questa libertà, senza condizionamenti; un’osservazione di piccoli gesti, spesso silenziosi, non sono forse fatti di questo i più grandi amori? Si legge così negli occhi dei più giovani, di chi ancora non ha compiuto trent’anni, come Karin, Giulia Cociancig o Michele Blazic. “C’è un attimo di assestamento con il passaggio generazionale, ma poi via, si parte”. Così come lo si vede negli sguardi dei più grandi, quelli consapevoli, che il Collio l’hanno visto davvero nascere. Perché nel Collio si è sempre fatto vino, sì, ma ad un certo punto la grande svolta è avvenuta quando si è deciso che si sarebbe fatto solo vino, intuendo che qui non c’era altro da fare. Allora, con coraggio hanno abbandonato le altre colture e nel 1963 hanno creato la Strada del vino e delle ciliegie, la prima via del Friuli che attraversa i vigneti del Collio da San Floriano a Dolegna e che ha attirato tanti in un territorio dove bisogna proprio scegliere di andare; poi nel 1964 è stata la volta del Consorzio, con l’ottenimento della DOC. E a far la forza del Collio è stata proprio l’unione, anche se ora è arrivato un altro tempo: quello in cui ogni produttore segni il suo personale percorso senza irrompere o spezzare quell’unione, ma traendo la forza della sua unicità proprio da ciò che lo differenzia, sempre all’interno del gruppo.
Marco Felluga è stato per due mandati Presidente del Consorzio e si è impegnato con tutto se stesso per la causa comune del suo territorio: un vero modello per tutti, insignito della Cittadinanza, perché ha fatto la storia del vino friulano, e insieme italiano.
E noi per questo iniziamo proprio da lui.
Giulia Ubaldi